07. IN MY SHOES - La variabile C

In My Shoes - © Marta Costantino 2018
Fuori dal bar, gli spilli erano diventati scaglie algide che atterravano come piume ghiacciate su uno scenario urbano in metamorfosi. Ma era soltanto l'ennesima morgana. Di cose da cambiare ce ne sarebbero state parecchie, e di certo la neve non avrebbe il fatto miracolo che ognuno in cuor proprio si aspettava: le persone credevano sempre molto ingenuamente che i cambiamenti arrivassero da fuori. Non sapevano, che il mondo non sarebbe mai cambiato: le uniche a potere mutare erano proprio le persone stesse. Perché la parte più difficile dell'esistenza, ma anche quella più naturale, era proprio la trasformazione.

Giannini e Cesare si erano seduti ad un tavolino vicino alle vetrate. Il secondo si era tolto la giacca a vento, mostrando un fisico asciutto ed atletico, di quelli che ricevi in eredità quando fai sport per una vita. Dava l'idea di uno che si fosse consumato il corpo a forza di usarlo e che non avrebbe messo su un etto neanche se l'avessero ingozzato a forza con un tubo, come si fa con le oche.
"Non credo che qui facciano servizio al tavolo" disse Cesare alzandosi. "Lei cosa prende?"
"Un americano."
Sorrise: "E cosa sarebbe, un americano?"
"Un caffè ristretto in tazza grande, allungato con acqua calda" disse Giannini con ancora addosso il piumino. Cesare annuì, socchiudendo gli occhi.
Tornò poco dopo, con un vassoio e due tazze piene fino all'orlo di un liquido bruno che oscillava, assumendo sul bordo una colorazione verdastra.
"Bisogna sempre provare cose nuove" disse Cesare sedendosi.
Quell'uomo aveva qualcosa. Nello sguardo, nel modo di fare, in quello che diceva e nel come lo diceva. Di quella dinastia non ce ne erano tanti sulla Terra.
"Sembra a suo agio" disse Giannini.
"Non dovrei esserlo?" 
"Come ha fatto?"
"Non è male questo americano. Un po' aspro. Ma forse dipende dall'acqua" disse tenendo la tazza tra le mani. "Come ho fatto cosa Giannini?"
Giannini guardò il sacchetto sotto al tavolo. Fece un cenno col capo, prima di tornare con lo sguardo a Cesare.
"Gli oggetti parlano. E raccontano storie."
"Come ha fatto a trovarle?" chiese innervosendosi.
Cesare posò la tazza: "Non sono stato io a trovarle" disse scucendo un'altra manciata di anni di vita a Giannini che spalancò gli occhi come se avesse visto la Madonna affacciarsi da dietro al bancone. Fece una pausa per fare un sorso. "Sono state loro a trovare me."
"In che senso?" domandò Giannini tirando un sospiro di sollievo.
"Giannini, adesso le faccio una domanda anche io" disse posandosi sui gomiti. "Conosce la variabile C?"
"La variabile che?"
"La variabile C. Immagino di no. La variabile C è il detonatore del cambiamento: quello che lo innesca. Quello che fa prendere ad una situazione direzioni inaspettate, facendo accadere l'improbabile a scapito del probabile. E' microscopica, precisissima, ed è completamente al di fuori del nostro controllo. Per questo è così decisiva nell'evoluzione di qualcosa. O di qualcuno."
Fece un altro sorso di caffè.
Giannini aggrottò la fronte e aprì il piumino: "Quindi C starebbe per cambiamento?"
"No: il cambiamento è una conseguenza. C sta per caos, caso e coincidenza. Cerchiamo di mettere ordine nel caos, ma sbagliamo: il caos ha un suo ordine, diverso dal nostro. Il caos è una eccedenza di vita. Il caso è un avvenimento fortuito, scelga lei se guidato dal fato o dal destino. La coincidenza è l'accadere simultaneo di due o più avvenimenti. Queste tre cose determinano cambiamenti irreversibili."
"E io in tutto questo cosa c'entro?"
"Giannini lei c'entra eccome. Era nel caos più assoluto. E non mi riferisco a quando ha iniziato a sentire le scarpe parlare. Mi riferisco a quello che è accaduto prima. Per caso poi, ha deciso di sbarazzarsene in un campo di mia proprietà. La coincidenza ha voluto che lei non fosse l'unico a poterle ascoltare."
"Come ha fatto a sapere dove abito?"
"Me l'hanno detto loro."
"E cos'altro le hanno detto?"
"Tutto Giannini. Mi hanno raccontato tutto. Senza tralasciare alcun dettaglio."
La neve scivolò nelle vene di Giannini, scorrendo senza mediazioni in un flusso gelido fino al cuore ed al cervello come una dose di eroina tagliata male.
"Da un certo punto in poi, le cose non possono più tornare come erano prima. Si chiama entropia. Certi fenomeni sono irreversibili. Lo sappiamo entrambi" disse Cesare. "Gli oggetti, diversamente dalle persone, sopravvivono. Anche quando qualcuno cerca di seppellirli vivi. Mentre alcune persone, a volte, muoiono molto lentamente."

Giannini si alzò di scatto e corse in bagno a vomitare.

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